Una cosa molto importante è la 'riconoscibilità' di una canzone, infatti ogni canzone è particolare a tal punto da spiccare tra le altre. Una canzone non te ne potrà mai ricordare un'altra.
Il risultato è quindi un album vario, che spazia tra canzoni ricche di intrumental e canzoni dove la voce del cantante ha decisamente il ruolo da protagonista.
"Love lost" è senza dubbio la migliore dell'album, dove sia voce che strumenti sanno essere al giusto posto. Inoltre la canzone ha un incredibile video che non smetterà mai di piacermi, con bambini e bambine nel mentre di una lezione di ginnastica all'aperto, non sembra niente di spettacolare ma è d'obbligo vedere per credere.
"Rest" è una delle più monotone dell'album, perché anche quando le chitarre stridono e si entra nel vivo della canzone il ritmo rimane uguale e la voce abbastanza distante.
"Sweet Disposition" non ha nemmeno bisogno di essere commentata. È la più famosa dell'album e questo non solo perché è presente in "500 days of summer". La cullante voce di Dougy Mandagi ci trascina dall'inizio alla fine e ogni strumento ha il giusto tempismo per emergere nell'arco della canzone; basso, chitarre, batteria, tutto incastrato a misura d'arte.
Senza parlare del ritornello che con i cori in sottofondo diventa inconfondibile.
Il finale con il tamburo è perfetto e si aggancia perfettamente alla canzone seguente che inizia con una chitarra all'orecchio molto dolce e aggiungendo via via strumenti e voce creando un ritmo che trasporta, mettendo allegria: "down river".
Il gioco di strumenti e voce prima del ritornello, le trombe, gli xilofoni e il modo di cantare di Mandagi fanno sembrare tutta la canzone una favola, con castelli, fate e principi.
"Soldier On' è la malinconica dell'album e viene suonata con una chitarra che ci ninnananna insieme alla grandiose voce del frontman asiatico fino a 3/4 della canzone dove tutto prende vita grazie a un assolo di chitarra che poi si affievolisce man mano, insieme allo alla voce. Grande interpretazione.
Ci pensa "Fader" a riportare colore all'album con questa canzone pop caratterizzante per i cori e il ritmo che rimane costante fino alla fine, ad eccezione di un assolo a metà canzone degno di nota. Canzone orecchiabile, la riascolterete all'infinito.
"Fools" sembra fatta apposta per far emergere le doti canore del frontman perché in quanto a musicalità è abbastanza monotona e costante mentre "Resurrection" sembra dare una scossa a "Fools", utilizzando uno stile completamente diverso, progressiva, graduale nell'inserimento degli strumenti anche se per la prima parte della canzone singhiozza tra momenti in cui la musica cresce e poi si calma. A 3.27 c'è il vero scoppio della canzone, con uno spirito molto rockeggiante ma che sta a pennello con la prima parte della canzone. Anche questa è una delle migliori dell'album, meno orecchiabile ma sono evidenti le potenzialità del gruppo.
"Science of Fear" l'ho conosciuta grazie al video che pare un trailer di "Sin City": bianco e nero e particolari gialli.
È un capolavoro, non solo il video ma anche la canzone che è ricca di passione dai primi secondi. A questo punto dell'album i The Temper Trap non possono più deludere, perché riescono perfettamente a sposare gli strumenti.
"Drum Song" è sottovalutata. Qui i The Temper Trap vogliono far vedere che hanno carattere anche senza la grandiosa voce di Dougy. E ci riescono benissimo. Peccato non sia per niente la stessa cosa.
Grande album. Uno dei migliori che abbia mai ascoltato e che ho avuto il coraggio di commentare con un "perfetto". Ogni canzone ha il giusto posto, non è un album impegnativo ma piacevole, perfetto per ogni tipo di giornata vista l'alternanza tra il malinconico, l'energico e il rilassante.
Non so perché con il secondo album si siano lasciati andare così, una canzone più odiosa e simile all'altra. Spero che recuperino con un prossimo album, sarebbe un peccato.
VOTO: 8 e mezzo
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